Europe in the African Mirror: The Slave Trade and the Rise of Feudalism
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Abstract
Non sono ovvie le ragioni della massiccia tratta degli schiavi dall'Africa nera: considerate la produttività e la sfruttabilità relativa del lavoro in Africa e a destinazione, e le forti perdite nella cattura e nel trasporto degli schiavi, sarebbe stato più conveniente sfruttare il lavoro in Africa che non esportarlo, e sfruttarlo con tributi piuttosto che catturarlo. Questo articolo presenta un modello degli scambi interlocali che tiene conto non solo dei vantaggi comparati ma anche dei costi di trasporto, e dimostra come può essere conveniente saldare un deficit nel commercio di beni mobili esportando schiavi, anche se localmente cari, piuttosto che beni relativamente immobili. Il modello spiega dunque la tratta degli schiavi come un equilibrio paretiano malgrado la scarsità del lavoro nella stessa Africa, e più generalmente, pertanto, la non-congruenza dei grandi flussi di emigranti liberi e non liberi; e spiega la frantumazione politica e le razzie come conseguenza, e non causa, di questo equilibrio. Questo modello sembra pure compatibile con i flussi di schiavi europei, dalla preistoria al medioevo; e non solo. Offre pure una spiegazione della disintegrazione dei regni barbari superiore a quelle attualmente disponibili: nell'alto medioevo infatti l'Occidente manifestava tutte le cause e le conseguenze (commerciali, monetarie, militari, istituzionali) del reclutamento interno di schiavi da esportare.