"Paltry, scented things from Italy": Ireland and the Discourse of Nationalism in 19th-Century European Musical Culture
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Abstract
Il separatismo culturale invocato dalla Young Ireland, un movimento politico fondato all'inizio degli anni '40 dell'800 a diretta imitazione della "Giovine Italia" e de "Das jungstes Deutschland", comportò un significativo rifiuto della musica d'arte europea ed una corrispondente insistenza sulla musica irlandese indigena come l'unico genere ammissibile di emancipazione dell'Irlanda dal governo inglese. Quando esaminiamo gli scritti di Thomas Davis (1814-1845, uno dei principali artefici della "Young Ireland", scopriamo l'ostilità di Davis verso i centri di musica italiana, e la sua percezione dell'opera ed altri generi normativi della musica europea come espressioni del governo coloniale che (secondo Davis) avrebbe dovuto essere considerato nemico dello sviluppo dell'Irlanda come stato nazionale. Confrontando il nazionalismo musicale di Davis con la rappresentazione di nazionalismo nelle opere di Giuseppe Verdi possiamo comprendere meglio il senso delle conseguenze assai differenti che il fenomeno del nazionalismo comportò per la musica in Irlanda e in Italia, per non dire dell'intera Europa. Addentrandoci nell'opera di Richard Taruskin, è anche possibile dimostrare come in un paese come l'Italia la tradizione della musica d'arte fosse assai nutrita di concetti popolari di sentimento nazionalistico secondo modalità che erano impossibili in Irlanda. Lo sciovinismo culturale dell'Irlanda significa non solo un rifiuto dello sviluppo di infrastrutture necessarie alla crescita della musica d'arte, ma anche un sospetto profondamente trattenuto riguardo a tale musica, in contrasto con la reputazione quasi sacra delle melodie native. È perciò oltremodo ironico che nel XX secolo succeda che certe melodie italiane (in particolare "Va', pensiero") abbiano potuto penetrare nell'immaginazione musicale irlandese popolare nelle partiture di ballate a supporto della "Provisional I.R.A.". Alla fine del XIX e all'inizio del XX secolo, inoltre, il particolare risentimento per la musica italiana era cresciuto fino ad includere quasi tutta la musica d'arte europea. Nel frattempo i compositori anglo-irlandesi come Stanford giunsero a credere che l'unico modo per creare un'opera veramente 'irlandese' fosse inserire le melodie native, senza riguardo al contesto delle tecniche musicali europee in cui queste erano collocate. La condizione problematica di questa convinzione continua ancor oggi ad influenzare la musica d'arte irlandese.