Simboli passivi

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Abstract

L'uso del velo integrale costituisce una manifestazione di esercizio della libertà religiosa; pertanto l'ordinanza comunale, che vieta l'uso del velo integrale in luogo pubblico in mancanza di una norma di legge previa che lo consenta, viola il diritto di libertà religiosa (art. 16 Cost.). Infatti, la pretesa attribuzione al Comune della competenza a regolare "aspetti accessori, accidentali o circostanziali" del diritto fondamentale non può farsi derivare dal precetto costituzionale secondo cui è il contenuto essenziale di esso che è rimesso alla legge (art.53 Cost.); al contrario, ogni esercizio del diritto fondamentale è riservato alla legge e non può essere oggetto diretto di una ordinanza comunale. Neppure il fondamento costituzionale della potestà normativa del Comune (art. 140 Cost.) legittima limitazioni poste all'esercizio di un diritto fondamentale negli spazi comunali. Invero, per quanto ampia possa essere tale potestà, essa deve riferirsi alle «relazioni di convivenza di interesse locale», laddove un diritto fondamentale non può risultare limitato in una parte del territorio nazionale e non in altra. Inoltre, la neutralità in materia di religione, implica che lo Stato non può intromettersi nel dibattito strettamente dogmatico o morale religioso al fine di valutare se le fonti autentiche della religione islamica considerino doveroso o meno l'uso del velo integrale per la donna o si tratti di un semplice elemento culturale. Né può negarsi che il carattere religioso del vestiario sia una forma di espressione di una determinata ideologia che, in quanto libertà costituzionale, ha lo stesso trattamento della libertà religiosa. La dimensione esterna della libertà religiosa di "agere licere" attribuisce la facoltà di comportarsi secondo le proprie convinzioni e di sostenerle di fronte ai terzi, con piena immunità dalla coercizione dello Stato o di qualsiasi gruppo sociale. Solo la legge può stabilire limiti ad un diritto fondamentale in vista di beni e interessi costituzionalmente rilevanti, purché tale sacrificio sia necessario, proporzionato, e in ogni caso rispettoso del suo contenuto essenziale. Quanto al limite di ordine pubblico esso può operare solo se sia accertata giudizialmente l'esistenza di un pericolo certo per la sicurezza, la salute e la moralità pubblica, come intesi in una società democratica. Nella fattispecie, il turbamento della quiete pubblica, che sarebbe causato nella cultura occidentale dall'occultamento del viso, manca di un dimostrazione convincente, come pure il riferimento alla sicurezza e all'ordine pubblico. Né tale limitazione appare «necessaria in una società democratica» come prescritto dalla giurisprudenza europea; infatti, il conflitto tra velo integrale e le concezioni culturali del Paese, in particolare l'incompatibilità con l'effettiva uguaglianza di uomini e donne, per grande che sia, non può prescindere dal carattere volontario del suo uso. È legittima la modifica del Regolamento dei trasporti urbani (di Leida) che non proibisce l'uso del velo integrale ma stabilisce la necessità di identificazione della donna come modalità di controllo nell'uso del titolo di viaggio; esso non presuppone limitazione del diritto di libertà religiosa né regolamentazione della stessa, che necessiti di previa disciplina per atto di legge.

Keywords

  • Libertà di Coscienza e Libertà di Religione
  • Simboli Passivi
  • Divieto Velo Integrale
  • Ordinanza Comunale
  • Legittimità
  • Motivi
  • Regolamento Trasporti Pubblici
  • Necessità Identificazione
  • Legittimità

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